L’ASSOCIAZIONE ECHEO ONLUS DI PALAGIANO RICORDA CHE OGGI 18 FEBBRAIO E’ LA IX GIORNATA MONDIALE CONTRO IL CANCRO INFANTILE


Oggi si ricorda la IX Giornata mondiale contro il cancro infantile. Per l’occasione a Roma, in Campidoglio, si terrà un convegno  dal titolo “Combattere i Tumori Infantili: le Sfide del Futuro”. Genitori e medici, strettamente uniti in un’alleanza globale, s’incontrano per rinnovare il programma di prevenzione e cura dei tumori dell’età pediatrica, una collaborazione che nel tempo ha raggiunto la copertura territoriale a livello nazionale. Il convegno, vedrà la partecipazione di relatori di chiara fama invitati ad illustrare lo stato dell’arte dell’onco-ematologia pediatrica in Italia, con l’obiettivo di trattare l’argomento non solo dal punto di vista dell’attualità medico-scientifica ma anche di gettare le basi per sviluppare programmi di ricerca e interventi psicosociali estesi alla terapie di supporto e alla terapia palliativa.
La IX Giornata Mondiale contro il cancro infantile, promossa in 78 paesi nel mondo, rappresenta l’occasione annuale per ribadire l’impegno dei genitori italiani nella lotta contro i tumori infantili, nella promozione della cultura della prevenzione e della tutela dei diritti del bambino malato e della sua famiglia. Ogni anno si ammalano in Italia circa 1500 bambini-ragazzi con un incremento annuo di nuovi casi valutato tra l’1,5 e il 2%.
Alleghiamo qui una sintesi su quello che è oggi in Italia il problema dei tumori infantili curata da Giorgio Dini, Presidente Associazione Italiana Ematologia e Oncologia Pediatrica (AIEOP), da Roberto Rondelli,  Responsabile Gruppo di Lavoro Epidemiologia e Biostatistica AIEOP e da Giuseppe Basso, Presidente Fondazione Italiana Ematologia e Oncologia Pediatrica.

A seguito di recenti pubblicazioni sull’aumento dei tumori pediatrici in Italia, e sul ruolo che fattori ambientali sembrano avere su questo fenomeno, riteniamo opportuno fare alcune precisazioni, tenendo conto del fatto che i tumori pediatrici, seppur rari, hanno un grande impatto psicologico, sociale ed economico.

1. Le dimensioni del problema possono essere sintetizzate dall’osservazione che oggi una
persona su 600 si ammala di tumore nei primi 15 anni di vita; due su tre guariscono;
pertanto un adulto su 800 è una persona guarita da tumore sviluppato in età pediatrica.

2. Gli oncologi pediatri italiani, come quelli di tutto il mondo, sono impegnati nello studio dei meccanismi che portano alla trasformazione tumorale.

3. Decine di studi sono stati condotti a partire dagli anni ’50 in Europa, negli Stati Uniti e in
altre regioni del mondo per chiarire quali siano le cause di queste neoplasie, ma i risultati sono ancora estremamente limitati e talora discordanti: le conoscenze attuali permettono di affermare che solo il 5-6% dei tumori pediatrici ha una chiara origine genetica, e che meno del 3% ha una diretta correlazione con esposizioni ambientali (infezioni, agenti fisici o sostanze chimiche). Ne consegue che per oltre il 90% dei tumori, la causa è ignota. Una parte di questi casi forse potrà essere spiegata in futuro dall’interazione tra il particolare corredo genetico del singolo soggetto e l’ambiente (cibo, aria, farmaci, ecc).

4. Le cure dei bambini con tumore sono, invece, all’avanguardia ed anche la probabilità di
guarigione è molto più alta che per gli adulti. L’Associazione Italiana di Ematologia ed Oncologia Pediatrica (AIEOP) raccoglie oltre 50 centri clinici italiani in cui questi bambini sono curati. Si tratta di centri ad alta specializzazione dove, grazie all’impegno di medici, biologi ed infermieri specializzati, oltre il 70% dei bambini ammalati di tumore (oltre il 90% per le leucemie) oggi può ottenere la guarigione completa, quindi con risultati simili a quelli raggiunti nei paesi più avanzati.

5. In oltre 20 anni, i dati riguardanti 36.200 pazienti curati e 7.700 sottoposti a trapianto di
cellule staminali ematopoietiche, eseguiti in Centri AIEOP, sono stati riportati nel Registro dell’Associazione (Mod.1.01) e, da questi, aggiornati annualmente. Inoltre, più di 13.000 schede riguardanti persone, verosimilmente guarite da patologie oncologiche diagnosticate in età pediatrica, sono state riportate nel Registro dei ”Fuori terapia”. L’insieme delle informazioni raccolte ha consentito all’AIEOP, in collaborazione con i Registri Tumori Italiani e con i ricercatori interessati, di produrre numerosi articoli scientifici, che documentano i risultati raggiunti e l’elevato livello delle cure.

6. Un aumento dei tumori e delle leucemie pediatriche è stato segnalato in diversi paesi ma non con le stesse modalità. In Italia i dati dei registri tumori, che coprono circa il 30% della popolazione italiana, confermano, in effetti, un incremento del numero di tumori pediatrici diagnosticati ogni anno. Negli ultimi 10 anni questo incremento è stato stimato essere dell’1,2 % annuo. Negli Stati Uniti un incremento fu segnalato negli anni ’70, ma non si è più osservato nelle statistiche più recenti. Nel 2004 la rivista scientifica Lancet pubblicò i risultati di un’analisi condotta sui dati di tutti i registri tumori europei che confermava un aumento. Due anni dopo un dettagliato rapporto occupava un intero numero della rivista European Journal of Cancer. Gli autori sostenevano, peraltro, che una frazione di questo aumento poteva essere dovuta ad una maggiore attenzione posta nella diagnosi dei tumori infantili, da parte dei registri tumori, e alla diffusione di tecnologie diagnostiche più sensibili ed accurate. La prima ipotesi è, quantomeno, improbabile: un tumore infantile è un evento particolarmente raro, ma, soprattutto, colpisce una fascia della popolazione che, solitamente, non si ammala di tumore, evento più atteso nella popolazione anziana. Ne deriva che sia il registratore sia il medico dovrebbero porre particolare attenzione a trascrivere e a codificare correttamente una diagnosi nel caso di tumore in un bambino. Tuttavia, la disponibilità di tecnologie sempre più moderne, potrebbe aver aumentato la capacità di riconoscere neoplasie difficili da diagnosticare, come i tumori cerebrali, o con un andamento biologico talora benigno, come i neuroblastomi del bambino molto piccolo. Queste variazioni potrebbero determinare un apparente aumento per alcune patologie.
Lo studio pubblicato su Lancet costituisce comunque un punto di riferimento essenziale perchè:

• in primo luogo si trattava di un grande studio multicentrico, finanziato dalla Comunità
Europea, che ha visto la partecipazione di una sessantina di registri tumori europei di popolazione di buona qualità, che prevedeva un controllo delle diagnosi ad hoc successivo, imposto dal protocollo del progetto;

• l’aumento è stato rilevante per tutti i tumori e pari all’1% annuo;

• le categorie diagnostiche responsabili di questo aumento sono risultate essere l’insieme dei tumori del sistema emo-linfopoietico e i tumori solidi, con l’eccezione dei tumori dell’osso, retinoblastoma e dei tumori epatici;

• l’aumento è stato osservato in tutte le macroaree europee considerate (Nord, Sud, Est, Ovest e Gran Bretagna e Irlanda);

• l’aumento più importante si è osservato nei bambini più piccoli (<1 anno) e negli adolescenti, seguiti dai bambini tra 1 e 4 anni, mentre, meno marcato, è risultato essere in quelli di età compresa tra 5 e 14 anni;

• un aumento particolare si è osservato per i tumori della tiroide, molto rari nei bambini, più frequenti negli adolescenti. L’incidenza era altissima in Bielorussia. L’alto livello era attribuito dagli Autori al “fallout” radioattivo per l’incidente di Chernobyl.
Come abbiamo già anticipato, i fattori di rischio studiati sono numerosi, ma le conclusioni sono ancora molto incerte. In particolare i fattori per cui è stato dimostrato in modo sicuro un aumento del rischio di tumori pediatrici sono le radiazioni ionizzanti (inclusa la radioterapia) che causano un ampio spettro di tumori ematologici e solidi ed un farmaco non più usato: il dietilstilbestrolo, che causa un rarissimo tumore della vagina (adenocarcinoma a cellule chiare). Molto maggiore è il numero di fattori su cui abbiamo dei sospetti, ma non delle certezze: fattori implicati sono il consumo di tabacco e alcol da parte della madre in gravidanza o prima, la dieta della madre in gravidanza, la professione dei genitori (per l’uso di sostanze cancerogene come il benzene, i pesticidi o altro), l’esposizione a gas di scarico (per il benzene) o a pesticidi, l’esposizione a campi elettromagnetici (questi potrebbero avere effetto anche sulla prognosi), le infezioni, l’immunodeficienza congenita o acquisita con farmaci, il virus di Epstain-Barr. Oltre a ciò, alcune condizioni genetiche predispongono di più ai tumori in età infantile o giovanile, così come una storia familiare di cancro. Inoltre, il criptorchidismo è una condizione che aumenta il rischio di tumore del testicolo, più frequente negli adolescenti e nei giovani adulti. AIEOP ha promosso ed ha reso possibile lo studio epidemiologico multicentrico italiano SETIL sulle cause delle leucemie, dei linfomi non Hodgkin e dei neuroblastomi. Le analisi dei dati sono in fase molto avanzata ed i risultati sono di prossima pubblicazione e saranno messi a disposizione anche sul sito AIEOP.
Dal punto di vista preventivo, ricordiamo che alcuni di questi fattori sono cancerogeni noti, anche se a livelli di esposizione molto superiori rispetto all’esposizione comune per il bambino. Questa conoscenza è importante per ricordarci di evitare le esposizioni, anche accidentali, dei bambini ad agenti nocivi.
Nella possibile eziologia dei tumori può essere presente un’ interazione con altri fattori: in questi casi la popolazione da studiare deve essere, in termini numerici, veramente grande;
per questo gli studi devono essere il più possibile internazionali, e prevedere la partecipazione di più centri di ricerca. Sono studi più costosi, che necessitano di un impegno il più possibile pubblico, per non rischiare il conflitto di interessi. La Comunità Europea deve prendere un preciso impegno e, nei bandi importanti di ricerca, dovrebbe finanziare lo studio dei fattori di rischio per i tumori pediatrici. Le associazioni dei familiari e scientifiche dovrebbero spingere in questo senso.
 strategici e ad alta tecnologia, tra cui lo studio delle cause, la prevenzione e la cura dei
tumori infantili, che rappresentano un vero investimento sulla salute delle future generazioni.

E’ importante raccomandare:
􀂾 ai GENITORI una dieta appropriata, evitando alcol e fumo di tabacco, e un
allattamento al seno il più a lungo possibile;

􀂾 a TUTTI evitare le esposizioni ad agenti potenzialmente nocivi;

􀂾 agli operatori SOCIALI e SANITARI attenzione al criptorchidismo, alle condizioni di vita e di lavoro dei genitori. Insistere perché si promuova anche buona ricerca attraverso l’associazionismo.

Parlare di epidemie non solo è sbagliato ma è inutile e pericoloso potendo generare reazioni di panico non motivato. Problema reale sono invece le risorse che il SSN non investe specificamente sulla rete oncologica pediatrica nazionale, e di cui c’è bisogno impellente, per poter non solo mantenere i risultati fino ad ora ottenuti, (risultati definiti dal IHN Istituto Nazionale della salute americano uno dei più grandi successi della medicina negli ultimi 40 anni), ma di poter ancora aumentare la quota di bambini che guariscono.

L’Associazione Echèo Onlus Palagiano

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Sede Via Toselli, n° 1 – Palagiano (Ta)

CONVEGNO "IL CANCRO. L'UOMO E LA SCIENZA. LE RAGIONI DELLO SPIRITO... E QUELLE DEL CORPO..." DEL 21 GENNAIO 2011 - LE RISPOSTE DEI RELATORI ALLE DOMANDE DEL PUBBLICO



Come anticipato durantre il convegno tenutosi il 21 gennaio 2011, l'Associazione Echèo pubblica le risposte dei relatori Dott. Antonio Rinaldi e Mons. Alessandro Greco alle numerose domande che gli sono state rivolte nel corso della serata.
                                                                     IL DOTTOR A. RINALDI RISPONDE
    1.        Dott. Rinaldi aspettando che arrivi la macchina per la TAC sarebbe opportuno far fare tutti gli esami necessari ricoverando il paziente in ospedale per qualche giorno?

ASSOLUTAMENTE NO,  RAPPRESENTA UNO SPRECO INUTILE, E UN SACRIFICIO PER IL PAZIENTE MOLTO GRAVE….. UNA NOTIZIA BUONA… LA MACCHINA DELLA TAC (ULTIMISSIMA GENERAZIONE E’ GIA’ MONTATA, SARA’ ATTIVA  A BREVE)
2.    Condivido: “una voce sola non fa rumore, tante possono smuovere le coscienze dormienti e l’indifferenza istituzionale”. Ma il singolo, preso da dolore, ha bisogno di indicazioni precise su come e deve indirizzare le sue richieste, le sue proteste. Qual è, concretamente, la strada che si può percorrere? Può l’associazione Echèo catalizzare i farsi portatrice o guida? (Katia)

LA VOCE DEI SINGOLI E’ SEMPRE TROPPO FLEBILE, MA ANCHE IMPORTANTE SE SEGNALA INADEMPIENZE E INGIUSTIZIE.
QUANDO UN COMPONENTE DI UNA FAMIGLIA E’ COLPITA DA UNA MALATTIA COSI’ GRAVE, SPESSO, NON SI HA NEANCHE LA FORZA PER GEMERE.  
LE ORGANIZZAZIONI DEI PAZIENTI  NON SOLO HANNO UN “PESO” PIU’ IMPORTANTE, MA POSSONO DARE VOCE E STARE VICINO A CHI IN QUEL MOMENTO NON HA LA FORZA PER FARLO.  BISOGNA  ASSOLUTAMENTE CREDERE NELLE PROPRIE FORZE E L’ASSOCIAZIONE ECHEO INIZIA  A CRESCERE SERIAMENTE.

3.    Quali sono i test genetici che dovrebbero fare i figli di malati di tumori del colon?

SOLO IL 2% DEI TUMORI DEL COLON PUO’ ESSERE EREDITARIO:  (poliposi familiari (la poliposi adenomatosa familiare o FAP, la sindrome di Gardner , la sindrome di Turcot) e il cancro del colon-retto ereditario non associato a poliposi (detto HNPCC o sindrome di Lynch).
LA RICERCA GENETICA è RIVOLTA  AI GENI: APC ed hMLH1/hMSH2 rispettivamente nella poliposi familiare e nella HNPCC.  Di solito il TEST è effettuato nel malato  e  poi eseguito nei consanguinei.
Il protocollo prevede i test quando esistono tali condizioni:
·  Almeno tre parenti con carcinoma del colon-retto documentato istologicamente.
·  Almeno due generazioni successive affette.
   ·  In uno degli individui affetti, diagnosi posta prima dei 50 anni di età

4.    Oltre al lato medico, siete sempre umani e premurosi verso tutti i malati a qualsiasi ceto sociale appartengono?

LA MALATTIA RENDE TUTTI UGUALI. Un medico e i suoi collaboratori non vedono  ceto, colore, religione.

5.    Io ho lavorato nelle aziende dell’appalto ILVA a contatto con l’amianto. Ma purtroppo ad ammalarsi è stata mia moglie subendo un intervento drastico al peritoneo asportando mesotelioma maligno (Leonardo C.)

PURTROPPO NON E’ INFREQUENTE CHE AD AMMALARSI A CAUSA DELL’AMIANTO SIANO LE MOGLI CHE PER ANNI HANNO LAVATO GLI INDUMENTI INQUINATI DEL COMPAGNO. MA LA CAUSA E’ SEMPRE L’AMIANTO.

6.    E’ auspicabile che nel prossimo decennio ogni forma di tumore possa essere sconfitto?. Ovviamente con il massimo impegno economico anche e soprattutto da parte del volontariato?

NON SO SE NEL PROSSIMO DECENNIO SAREMO IN GRADO DI SCONFIGGERE IL TUMORE, MA I PASSI IN AVANTI SONO SEMPRE PIU’ CONCRETI.
FORSE SARANNO I NOSTRI  PRONIPOTI AD AVERE LA MEGLIO SULLA MALATTIA.

7.    La nuova frontiera della medicina chirurgica è la chirurgia robotica e quindi mini invasiva. Quali sono le personali considerazioni a riguardo?

LA CHIRURGIA ROBOTICA E’ IL FUTURO DELLA  CHIRURGIA. OGGI ESISTE GIA’ UN IMPRESSIONANTE APPARECCHIO  IL  “ Da Vinci”   POCO DIFFUSO PERCHE’ ESTREMANTE COSTOSO. ESISTE ANCHE UNA IMPORTANTE SCUOLA DI CHIRURGIA ROBOTICA  A GROSSETO.

8.    Ci può illustrare la situazione dell’inquinamento nelle nostre zone ed il riflesso sulla malattia oncologica?

IN  PASSATO I  TUMORI ERANO UN EVENTO  RARO.  L’AUMENTO DI NUMERO DEI TUMORI  E’ CORRELATO A 3 EVENTI:     à  MIGLIORAMENTO DELLA  DIAGNOSI                              à  ALLUNGAMENTO DELLA VITA  à INDUSTRIALIZZAZIONE  (INQUINAMENTO DA SOSTANZE CHIMICHE CHE VANNO AD AGIRE SUI GENI )
In tutti i paesi industrializzati e attualmente in quelli in via di industrializzazione si registra un incremento di vari tipi di tumori. Ad esempio si registra  Incremento ANNUO di TUMORI INFANTILI  IN ITALIA del periodo  1988 – 2002 ( dati AIRTUM 2008)  + 2% annuo                                                       (+  3.2 %  nel 1° anno di vita) .Certamente sono dati che non possono essere legati all’invecchiamento!!!  Già vent'anni fa fu lanciato  il primo all'allarme della   Organizzaione Mondiale della Sanità:  L'area jonica fu definita «ad elevato rischio ambientale» . In particolare l’area TARANTO-STATTE-MASSAFRA-CRISPIANO-MONTEMESOLA  registra Il tasso standardizzato di incidenza dei tumori della cavità orale, del rinofaringe, del fegato, dei polmoni, della pleura, dei tessuti molli e dei linfomi non Hodgkin sistematicamente superiore al dato nazionale.
Superiore al resto della provincia  il tasso del tumore della vescica, dei reni e della prostata che però non supera quello nazionale.
Diossina, Benzopirene, Amianto  e tante altre sostanze chimiche sono responsabili di un inquinamento pericoloso. I dati sono da verificare e a breve avremo i dati del Registro Tumori che l’Azienda Sanitaria si è impegnata  a creare (cosa complessissima che vede lo sforzo di vari professionisti nell’Azienda,   ma cosa ancora più complessa sarà la capacità di abbattere il livello degli inquinanti).

9.    Che cosa ne pensa dei cosiddetti viaggi della speranza?

I VIAGGI DELLA “SPERANZA” SONO I VIAGGI DELLA DISPERAZIONE. LA RESPONSABILITA’ E’ LEGATA ALLA CREDIBILITA’ DELLA NOSTRA ORGANIZZAZIONE SANITARIA. NELLA STRAGRANDE MAGGIORANZA DEI CASI COMPLICANO ULTERIORMENTE LE CONDIZIONI DELLE FAMIGLIE IN DIFFICOLTA’.

10. Perché nelle cellule tumorali la mitosi è difficile da bloccare? La metastasi non può essere fermata?

Gli antiblastici bloccano molto bene le mitosi cellulari,  ma nel nostro organismo non solo le cellule neoplastiche vanno in mitosi. Tutte le cellule hanno la capacità e la necessità di riprodursi. I farmaci non riescono ancora a bloccare solo le cellule tumorali, gli stessi effetti collaterali di questi farmaci è legato proprio al blocco sulle cellule sane dell’organismo ( basti pensare ai globuli bianchi, ai globuli rossi , alle cellule delle mucose ecc.). Le nuove terapie cercano di essere più mirate.  Analogamente la metastasi  che viaggia attraverso il sangue o ai vasi linfatici potrà più facilmente essere individuata e colpita.

11. Nel 2005 mi hanno diagnosticato “interstiziopatia polmonare” sono stato sotto controllo per 2 anni, compreso la terapia. Sono un soggetto a rischio cancro? Fino ad ora non ho avuto famigliari con malattia.

Le malattie interstiziali del polmone sono malattie rare. Tra le più frequenti forme di interstiziopatie polmonari vi sono la sarcoidosi, la fibrosi polmonare idiopatica, le polmoniti da ipersensibilità (tra cui la malattia da fieno), le polmoniti interstiziali idiopatiche, le polmoniti virali, le malattie polmonari da farmaci (più di 300 farmaci possono causare interstiziopatia polmonare). 
Non esiste una  correlazione fra fibrosi polmonare e cancro ma bisogna vedere quali sono state le cause della malattia.  SICURAMENTE, Più difficile DIVENTA  la diagnosi radiologica di tumore  in presenza di  fibrosi polmonare.

12. E’ solo la ricerca ingegneristica che influisce sul costo altissimo dei farmaci, ma non vi è un problema di case farmaceutiche come succede con farmaci antivirali prodotti in India per i paesi in via di sviluppo contro l’AIDS che non vengono più prodotti? Non pensate che ci sia sempre il solito fattore economico?

La ricerca sui nuovi farmaci è prevalentemente di importanti Centri Universitari  e Grandi multinazionali  del Faramco, che ovviamente rincorrono un successo sulla malattia ma anche economico, ma è super sorvegliato dagli organismi di controllo governativi   ( FDA  americana, EMEA europea, AIFA italiana ecc.). La ricerca è estremamente costosa e soggetta a molti fallimenti,  tantissime strade vengono tentate  e su una molecola che riesce ad essere messa in commercio,   migliaia  falliscono gli obiettivi e vengono abbandonate.
Attenzione,  spesso il fattore economico piò essere la spinta per la ricerca stessa, la cosa importante che vi sia un corretto controllo da parte degli Organi preposti.

13. Cosa sono le cellule dormienti, come riconoscerle?

Nella popolazione delle cellule neoplastiche di un tumore  alcune cellule non SONO  in fase di attiva riproduzione, spesso proprio per questo motivo SONO più difficilI da colpire  ( le terapie mediche  colpiscono soprattutto quelle in fase di riproduzione). 
Queste cellule “dormienti” possono essere responsabili  della ripresa di malattia  anche dopo molti anni dalla scOmparsa del tumore.   Vari tentativi vengono fatti per  individuarle   e soprattutto per “addormentarle “ per sempre, una di queste è la ormonoterapia che nei tumori della mammella  viene proseguita per 5 o 7  (o più)  anni.

14. Non è polemica! Ma se i soldi non bastano per le tante terapie perché costose, come si farà la “conta” degli ammalati? A te si a te no?

L’aumento dei costi delle terapie oncologiche è un problema di tutti i paesi industrializzati.  tutti i responsabili del Sistema Sanitario devONO farsi carico di tale problema  emergente.
Si sta sviluppando una vera e propria scienza : la FARMACOECONOMIA  che studia gli strumenti per non arrivare a una vera crisi nelle scelte e nelle opportunità che devono essere offerte a tutti.  Bisognerà individuare quegli strumenti che non permettano sprechi di ogni sorta e CHE  CON IL MINIMO IMPEGNO ABBIANO IL MASSIMO DEI RISULTATI.

15. Come possiamo fare il test genetico per sapere se siamo a rischio di carcinoma ovario? A chi dobbiamo rivolgerci?

Il rischio di carcinoma ovarico familiare è molto basso 10%, nella mammella 5-7% , ma oggi nelle famiglie che vedono un alto riscgio di carcinoma ovarico e mammario è possibile eseguire un test genetico che individua  mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2.
Il protocollo  generalmente  comprende
• famiglie con più di due casi di tumore alla mammella e uno o più casi di tumore all’ovaio diagnosticato a qualsiasi età;
• famiglie con più di tre casi di tumore alla mammella diagnosticati prima dei 50 anni;
• coppie di sorelle con i seguenti tumori diagnosticati prima dei 50 anni:
– entrambe tumore alla mammella;
– entrambe tumore all’ovaio;
– l’una con tumore alla mammella e l’altra con tumore all’ovaio
E’ necessaria una consulenza genetica  che è possibile qui da noi presso  il Centro di genetica dell’Ospedale “Miulli” di Acquaviva o quello dell’Istituto Oncologico “Giovanni Paolo II” di Bari.

16. Perché c’è tanta differenza a livello sanitario tra nord e sud, noi non siamo “italiani”?  O i nostri politici non fanno valere i propri titoli?

La grande differenza della qualità dell’organizzazione Sanitaria tra Nord e Sud risale  al secolo scorso.  Il miglioramento continuo delle strutture  e della capacità organizzativa ha visto il Sud arrancare  mantenendo  in gep  che col tempo  non sembra risolversi.
Oggi vediamo 2 Italie  a velocità diverse.  Gli investimenti Sanitari per molti anni sono stati prevalentemente orientati al Nord che aveva un sistema già più efficiente. La differenza si è accentuata gravemente, oggi il Sud patisce ancora perché avrebbe bisogno di una svolta importante  e maggiori finanziamenti. Ma quanta responsabilità è stata determinata dalla nostra “disattenzione”  di cittadini, “tolleranza” o “connivenza” nei confronti di anni di cattiva politica Sanitaria nelle Regioni del Sud?  Ancora oggi siamo in presenza di sprechi ed errori che non potremmo permetterci: non ci mancano le capacità, il genio e la volontà,  abbiamo bisogno di buona amministrazione, disciplina, sorveglianza attenta, investimenti  e tagli precisi sugli sprechi.  In questo le organizzazioni dei pazienti possono fare molto.
MONS. ALESSANDRO GRECO RISPONDE

1.     Caro Monsignore condivido la sofferenza perché secondo me la sofferenza fa parte della vita. Ma chi fa del male conosce la sofferenza? Sì, conosce la sofferenza, anche se non vuole ammetterlo. Si soffre anche per il tormento della coscienza a motivo del male che si compie. Vorrei, a questo proposito, suggerire la rilettura della notte del’Innominato, descritta con impareggiabile maestrìa dal Manzoni. Ma vorrei ricordare anche la scelta dei pentiti veri che chiedono il perdono in seguito al tormento (sofferenza!) della coscienza.  
2.     Perché credere in Dio quando il cancro ti colpisce? Come trovare rassegnazione nel dolore? Quando si raggiunge la convinzione che la sofferenza non è mandata da Dio come una punizione, non credere in Lui quale vantaggio o quale sollievo porta a colui che soffre? Porta sollievo la ribellione e la disperazione? La rassegnazione può rendere meno duro il calvario del dolore.
3.     Non è vero che se non si crede non si affronta la sofferenza nel modo migliore. Non ho espresso questa convinzione. Vi sono persone che non credono, eppure vivono con grande dignità l’esperienza del dolore, sapendo che fa parte della vita. Il cristiano non esalta il dolore in quanto tale. Il dolore è duro anche per chi crede. Il cristiano che guarda il Crocifisso ha una forza e un motivo in più per affrontarlo.
4.     Pur essendo consapevole del valore salvifico della sofferenza, perché non riesco a provare la grazia della fede? La fede è un dono di Dio: in che senso? Siamo certi che Dio non discrimina e non fa preferenze di persone. Egli parla a tutti gli uomini e si rivela, in modo sommo in Gesù Cristo, per tutti gli uomini; però, solo alcuni accolgono la rivelazione. Immaginiamo una fontana pubblica in una piazza: l’acqua che sgorga è per tutti; tutti possono berla, ma solo alcuni la bevono. Così è la fede. Ci aiuta a capire questo pensiero la parabola del seminatore. Egli getta il seme ovunque, ma solo il terreno fertile porta frutto. Com’è il nostro cuore? Quale attenzione prestiamo a Dio che ci parla? Per provare la grazie della fede, molto dipende dalla nostra disponibilità. Il Signore non ci costringe in nulla. Vorrei ricordare un pensiero di S. Agostino che dice: «Colui che ti ha creato senza di te non può salvarti senza di te». Ciò significa che, per crearci, Dio delibera in modo autonomo; per salvarci, invece attende la nostra libera adesione.
5.     Come possiamo aiutare quelle persone che perdendo la speranza  si imbarcano in    altre direzioni tralasciando la Vera strada? Non è facile. Ciò che può essere utile, nei confronti di chi soffre e si imbarca in altre direzioni, è la capacità di ascolto, la vicinanza, la pazienza, le parole incoraggianti al momento opportuno, il silenzio, i gesti di affetto. I lunghi discorsi “per convincere” non servono perché in situazioni simili l’emotività prende il sopravvento sulla razionalità.
6.     Quanto il relativismo dei valori influisce negativamente sulla sofferenza? E quanto il personalismo comunitario può condurre sulla strada giusta? La sofferenza non è un valore in sé, ma carenza del bene o limitazione del bene. La persona non ha la vocazione alla sofferenza, ma alla buona salute, alla gioia, alla lunga vita. Nell’ottica della fede, poiché la sofferenza fa parte della vita, può essere vissuta alla luce della Croce come mezzo di redenzione, in comunione con Cristo. E’ evidente che, se prevale il relativismo, il discorso della fede è praticamente inutile. Molto utile è potenziare lo spirito di solidarietà. La comunità cristiana può svolgere un ruolo insostituibile. Infatti, una persona che soffre è come una parte del corpo che soffre: tutti devono prendersene cura. E’ la comunità a prendersi cura di chi soffre.
7.     L’essere profondamente religioso e credente rispetto al non credente quanto può aiutare il malato? Insieme alla medicina, alle strutture sanitarie, alla vicinanza degli altri… l’essere profondamente religiosi e credenti è ciò che tiene unite tutte queste cose, aiuta a non perdere la speranza, a vivere il dramma della sofferenza lontani alla solitudine e dalla disperazione. La fede è ciò che riporta a Cristo e fa intravedere la luce abbagliante che si irradia dopo la sofferenza.
8.     Riuscite a placare la rabbia del malato e a spiegare all’umanità malata che la malattia non è una punizione di Dio? Vi sono molti luoghi comuni che devono essere smentiti. S. Paolo scrive che, con il peccato, nel mondo è entrata la morte (Rm 5,12) e quindi ogni genere di sofferenza. Se la persona soffre, se nel mondo c’è  la malattia, l’ingiustizia, la guerra, l’odio, la violenza, gli sfruttamenti… tutto ciò è conseguenza di un peccato commesso alle origini, quando l’uomo ha voluto rivendicare la propria autonomia nei confronti di Dio, precipitando nell’abisso. Questo è vero, ma non è vero ciò che alcuni pensano e cioè che ogni sofferenza sia una punizione di Dio per ogni singolo peccato commesso. Molte sofferenze sono misteriose, molte sono procurate dalla cattiveria degli uomini nei confronti degli altri, molte sono ereditarie, molte sono conseguenza di un modo peccaminoso di vivere: si pensi ai contagi nei contatti sessuali disordinati; se si contrae un’infezione perché si trasgredisce il sesto comandamento, quella malattia non deriva dalla trasgressione della volontà di Dio, ma dal contato con una persona contagiata, durante la trasgressione del comandamento. Se una persona fa uso esagerato di cibo e di alcool (contraendo uno dei sette vizi capitali che è la gola), la cirrosi non è una punizione di Dio perché si ha il vizio della gola, ma perché l’uso non corretto dell’alimentazione procura determinati mali per i quali vi sono cause e spiegazioni naturali, non necessariamente religiose o morali. Vale la pena ricordare il ritornello del racconto della creazione: «E vide che era cosa buona». Dio ha fatto bene ogni cosa; chi ha rovinato e rovina tutto è l’uomo.
9.     E’ vero che sotto la luce della fede, la sofferenza si affronta con più forza. Ma essere cristiani vuol dire soffrire? Rispondendo alla domanda n. 7, ho già detto che la fede è un aiuto straordinario. Essere cristiani, però, non vuol dire soffrire, anzi non vuol dire essere condannati alla sofferenza. Il cristianesimo è la religione della gioia, dell’amore, del dono, della bellezza, della fraternità, della solidarietà, dell’amicizia. Non comunicano la fede, in modo retto, coloro che parlando di Cristo e del cristianesimo, parlano solo di sofferenza e di morte e mai di risurrezione. La destinazione ultima dell’uomo è la risurrezione, la luce, la felicità, non la sofferenza e la morte. La sofferenza e la morte, poiché fanno parte della vita, possono essere considerate dei mezzi per raggiungere la felicità. Qualche esempio può aiutare e capire: se ad uno studente si dice che bisogna sempre studiare, non uscire mai con gli amici e fare solo sacrifici, quello studente prende in odio lo studio; ma, se lo si incoraggia a fare delle rinunce, a sacrificarsi per essere promosso, per raggiungere un ideale, una sistemazione nella società… quello studente affronta il sacrificio in vista di un bene più grande. La sofferenza non è il fine della vita, ma un mezzo per raggiungere un bene più grande.
10.      Come fortificarsi e prepararsi attraverso la fede all’eventuale malattia e sofferenza del cancro: “ho fede, ho reagito alla sofferenza e morte per cancro di famigliari stretti, ma non sono sicura di sopravvivere ad una mia”. Con molta onestà, dico di don saper rispondere a questa domanda. Un conto è parlare di queste cose, altro è viverle in prima persona. Però, quel processo di fortificazione, di maturazione  che si vive quotidianamente attraverso l’esperienza, il contatto con il modo della sofferenza dei vicini e dei lontani, e la maturità della fede, potrebbero portare ad affrontare con maggiore serenità una grave malattia.

Con i miei cari saluti e le scuse per le risposte inadeguate e insufficienti.

                                                                            Don Alessandro Greco